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La Storia

La chiesa di San Tommaso è una delle più antiche chiese di Torino. I primi documenti che la menzionano risalgono al 1115 e sappiamo che nel 1351 Pietro Della Rovere ne era il rettore. Posta tra la “via dei due buoi” e “via della barra di ferro”, attorniata da tre piccoli cimiteri, nel 1445 la chiesa era così fatiscente che crollò, insieme al campanile. Nel 1447 il rettore Michele da Rivarolo fece ricostruire la chiesa secondo l’impianto precedente: tre navate, dieci altari ed una grande cancellata. Poi i documenti tacciono per quasi cento anni. Nel 1536 i frati Minori Osservanti persero la loro Chiesa di Santa Maria degli Angeli. La comunità francescana fu così sistemata nel 1542 nella chiesa di San Tommaso e portò nuova vitalità al quartiere, attorniato al tempo da cimiteri e orti. Il papa Paolo III, con bolla del 9 luglio 1545, definì la convenzione tra i Minori e il canonico Buschetti. Il 18 agosto 1576, con pubblico strumento, i francescani presero possesso della parrocchia e nel 1584 avviarono importanti lavori di restauro e ricostruzione della chiesa. Il 19 giugno di quell’anno Carlo Emanuele I di Savoia pose la prima pietra dei muri maestri del nuovo edificio. Un anno dopo la chiesa ebbe la copertura, la facciata era ancora rustica e il primitivo altare maggiore, dedicato ai santi Tommaso e Carlo Borromeo, fu sostituito, dopo il 1619, da un nuovo suntuoso altare marmoreo in stile barocco patronato della nobilissima famiglia Scaglia di Verrua. La consacrazione avvenne l’8 maggio 1621.  Nel 1698 la chiesa fu notevolmente menomata dallo scoppio della polveriera di Torino, che distrusse vetrate e causò il crollo di una cupola temporanea. Così, nel 1703, si iniziò la costruzione di una nuova cupola, su disegno dell’architetto Agostino Rama. Nel 1717 furono realizzati i decori interni, mentre a facciata fu conclusa nel 1736 con l’inserimento di un grande orologio a tre quadranti. Nel 1801 tutto il convento venne sequestrato da Napoleone il quale ordinò nel 1808 di abbattere la chiesa, progetto che non fu attuato. Il ritorno di Vittorio Emanuele I a Torino fu accolto con gioia dal parroco padre Sebastiano Matteis, il quale già nel 1824 predispose il restauro della facciata. Passarono pochi anni ed il convento si ingrandì occupando tutto l’isolato: nel 1856 si estendeva da via Monte di Pietà, via XX Settembre, Via Bertola e via San Tommaso e vi risiedevano tra gli 80 e i 100 frati. Con la Legge Rattazzi del 1859 l’intero convento fu incamerato dallo Stato e parte dei frati si trasferì presso il Santuario della Consolata di Torino. Nel 1895 il Consiglio Comunale decretò l’abbattimento della chiesa al fine di portare a termine la costruzione di via Pietro Micca, detta “la Diagonale”, e progettata nel 1885 per unire la Cittadella a piazza Castello. L’influenza del celebre architetto e ingegnere torinese Carlo Ceppi (1829-1921), e del parroco padre Turbiglio, permise di preservare parte della chiesa mediante il solo abbattimento della facciata e di dieci altari, salvando così la cupola e l’altare maggiore. Nel 1898 il progetto del Ceppi fu attuato: la chiesa cambiò aspetto, conservando tuttavia eleganza e armonia. Nel 1978 la parrocchia passò alla Arcidiocesi di Torino e nel 1992 vennero intrapresi degli interventi di restauro e manutenzione. L’uno settembre 2013 la Parrocchia è stata soppressa e annessa alla Parrocchia di San Giovanni Battista – Cattedrale Metropolitana, diventandone chiesa succursale e polo pastorale della della stessa.


L’esterno

Veduta esterna della chiesa.

L’attuale aspetto esterno si deve all’architetto Ceppi, che, come detto, intervenne per impedire l’abbattimento dell’edificio sacro durante la costruzione di via Pietro Micca. La planimetria della chiesa passò da croce latina a croce greca. Per la facciata il Ceppi si ispirò all’impianto architettonico della Basilica di Santa Maria della Salute di Venezia. Le statue di san Francesco e di sant’Antonio da Padova, che erano poste in facciata, furono collocate in due nicchie ai lati del nuovo ingresso. La cupola progettata dall’architetto Rama fu dipinta durante i lavori di decoro degli interni della chiesa e coperta di piombo nel 1831; dopo numerose infiltrazioni di acqua piovana che danneggiarono le pitture, nel 1987 furono rifatti sia il manto di intonaco  che quello di piombo. L’attuale campanile è legato alla posa della prima pietra nel 1584 e oggi vi sono quattro campane dedicate a san Pietro, san Tommaso, alla Madonna e al Nome di Gesù.


Gli interni

La decorazione interna ha subito l’evoluzione dell’edificio: la precedente pittura del coro fu ad opera di Francesco Villanis e Giuseppe Allamani; sulla volta della chiesa era raffigurata la Gloria di san Francesco, opera del lombardo Salvatore Bianchi (1653-1727); la navata fu decorata dai fratelli Gioannini. Tuttavia tali pitture furono danneggiate da infiltrazioni di acqua piovana e le pitture furono riprese dal pittore Vianelli. Con l’intervento dell’architetto Carlo Ceppi, si imposero anche nuovi lavori di ridecorazione degli interni, voluti dai parroci P. Turbiglio, P.C. Mondo, P. Bonaventura Enrietti, P. Vallaro e P. Agnello. Le vetrate istoriate furono regalate dalla popolazione in occasione del Giubileo parrocchiale del P. Vincenzo Vallaro. Quella centrale ricorda il VII centenario francescano (1226-1926).


Altare maggiore

L’altare maggiore oggi presente fu voluto da padre Teodoro Pezza da Cuceglio nel 1834 e fu consacrato nel 1836. Sulle porte laterali di ingresso vi sono i busti di san Francesco e san Bonaventura. Ai due lati dell’altare, in alto, quattro tribune con grate in legno dorato. Alla sinistra originariamente vi era l’organo mentre alla destra le due stanze usate, un tempo come biblioteca, furono trasformate da padre Angelo Pichetto in cappella per sacerdoti infermi e per i principi di Casa Savoia. A quest’ultima, chiamata “cappella del Principe”, accedeva Emanuele Filiberto di Savoia per ricevere privatamente la comunione.


Altare dell’Immacolata

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Enrico Reffo,Vergine Immacolata con san Bonaventura e san Bernardino da Siena, santa Lucia, sant’Agnese e altri santi, IX secolo

L’altare, prediletto dai francescani e dalla Compagnia delle Figlie di Maria si trova a sinistra dell’altare maggiore. La tela centrale, raffigurante la Vergine Immacolata con san Bonaventura e san Bernardino da Siena, santa Lucia, sant’Agnese e altri santi, è opera del celebre pittore Enrico Reffo (1831-1917). Anticamente in questo altare era collocato un dipinto del Moncalvo, sostituito nel 1835 da altra opera di AngeloVacca. I marmi dell’altare, rinnovato nel 1838, provengono dal distrutto altare maggiore seicentesco.


Altare di san Giuseppe

Particolarmente suggestiva è la statua con il Bambino che si abbandona tra le braccia di san Giuseppe, la cui devozione è sempre stata particolarmente sentita dai francescani.


Altare di san Francesco

Un tempo l’altare era dedicato a sant’Antonio; oggi vi sono deposte  reliquie  di santa Gaudenzia, portate qui dalle Catacombe romane, nel XVIII secolo. Durante la rivoluzione francese l’urna dorata fu riposta nel muro maestro e fu ritrovata solo con l’abbattimento di questo nel 1895.


Coro

particolare del coro

Il coro, in legno di noce, è datato 1634 e firmato con le lettere I.B.F., come riporta una scritta al centro. Sopra al coro vi sono due dipinti del 1904 ad opera di Nicola Fava. Raffigurano la Predicazione di san Tommaso in India (a destra) ed il Martirio di san Tommaso (a sinistra) secondo il libro apocrifo “Gli atti di san Tommaso”. La volta del coro, come le due volte dei bracci del transetto, furono dipinte dal pittore Secchi nel 1963. Lo stesso Secchi, l’anno prima, dipinse il quattro Evangelisti sul basamento della cupola.


Altare del Crocifisso

Anime del Purgatorio (gruppo del Cav. Tortone)

Anime del Purgatorio (gruppo del Cav. Tortone)

A destra dell’altare maggiore si trova oggi l’altare del Crocifisso, un tempo l’altare delle Anime. L’angelo di destra è in atto di versare un calice sulle anime a ricordo di come la Santa Messa valga a suffragare le Anime del Purgatorio. Sulla parete di destra è raffigurato san Bernardino da Siena; a sinistra san Fedele da Sigmaringa e al lato santa Chiara d’Assisi.


Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore

Altare Nostro Signora del Sacro Cuore

Altare Nostro Signora del Sacro Cuore

 

Il Santuario fu voluto dal padre Bonaventura Enrietti, in assolvimento di un voto del predecessore padre Turbiglio. Questi infatti, iniziando la reggenza della chiesa di san Tommaso nel 1871, lanciò la devozione (approvata da Pio IX nel 1860) di Nostra Signora del Sacro Cuore. La statua che adorna oggi l’altare fu fatta pervenire da Issodum in Francia, collocata dov’era l’altare di sant’Antonio, e incoronata dall’arcivescovo di Torino Lorenzo Gastaldi, nel 1880. Molto venerata dai torinesi che la chiamarono “Madonna dei disperati”. Il progetto della cappella è dell’architetto Giuseppe Gallo (1860-1927), in stile eclettico, in cui prevale lo stile tardogotico. Sulla volta è dipinto il Signore in trono, circondato da angeli. Ai suoi piedi vi è Maria Vergine. Sulle pareti sono effigiati i Protettori dei francescani ed in alto si trova una danza degli angeli. Il santuario fu consacrato dal cardinale Agostino Richelmj (1850-1923), arcivescovo di Torino, il 2 maggio 1900.


Sacrestia

Particolare della sacrestia

Particolare della sacrestia

 

La sacrestia fu voluta dal padre Francesco di Monforte nel 1663, mentre gli armadi sono del 1736. Di rilievo è il soffitto a cassettone, riproducente il beato francescano Giovanni Duns Scoto, sostenitore dell’Immacolato Concepimento di Maria. Ai quattro lati della volta, i volti di padre Turbiglio, padre Mondo, padre Bonaventura Enrietti e padre Vincenzo Vallaro, a cui si devono gli ultimi abbellimenti della chiesa. L’Immacolata è opera di Michele Antonio Milocco, mentre sopra le porte sono collocate cinque tele, capolavori di Domenico Ollivero del 1731, riproducenti scene della vita di santi francescani. All’ingresso della sacrestia si trova la lapide funeraria di Giacomo Rossignolo, pittore di corte del duca Emanuele Filiberto di Savoia (Livorno Ferraris, metá VI secolo – Torino, 1604). In un ambiente adiacente alla sacrestia si trovano, il dipinto dell’Estasi di san Francesco, opera della scuola del Morazzone ed uno dei sei dipinti dell’Ollivero, e precisamente il San Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado.

scuola di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Estasi di san Francesco d'Assisi, XVII sec.

Archivio F. Monetti- A. Cifani, scuola di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Estasi di san Francesco d’Assisi, XVII sec.

Pietro Domenico Ollivero, san Francesco d'Assisi muta l'acqua in vino, 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, san Francesco d’Assisi muta l’acqua in vino, 1731

Pietro Domenico Ollivero, Il miracolo della mula di sant'Antonio da Padova, 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, Il miracolo della mula di sant’Antonio da Padova, 1731

Pietro Domenico Ollivero, Sant'Antonio da Padova predica ai pesci, 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, Sant’Antonio da Padova predica ai pesci, 1731

Pietro Domenico Ollivero, San Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado, 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, San Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado, 1731

Pietro Domenico Ollivero, Estasi di san Francesco d'Assisi, 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, Estasi di san Francesco d’Assisi, 1731

Pietro Domenico Ollivero, San Salvatore da Horta risana infermi ed ossessi , 1731

Archivio F. Monetti- A. Cifani, Pietro Domenico Ollivero, San Salvatore da Horta risana infermi ed ossessi , 1731

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Lapide funeraria del pittore Giacomo Rossignolo.

 


Organo

Facciata dell'organo

Facciata dell’organo

 

L’organo, voluto dal curato padre Ireneo Bonardelli, fu realizzato dai bergamaschi Andrea e Giuseppe Serassi nel 1788 e fu originariamente collocato sul lato sinistro dell’altare maggiore. Tutt’oggi è intatto lo splendido suono con le sue tremila canne in stagno tigrino, mentre nel 1889 la celebre ditta Vegezzi-Bossi lo trasformò in organo pneumatico. Fu infine restaurato dall’organaro Anselmo Alexi in occasione del bicentenario della costruzione. L’attuale posizione fu pensata dall’architetto Carlo Ceppi, in occasione del restauro della chiesa. Il pulpito risale al 1724 e fu realizzato, in legno di noce, dall’ebanista Carlo Maria Ugliengo. L’ultimo restauro risale al 2010

Autografo dei Serassi

Autografo dei Serassi